Tensioattivi
Il mondo dei tensioattivi è talmente vasto e noto che sarebbe inutile riproporlo interamente in questo blog, ci limiteremo quindi ad illustrare brevemente le tipologie e le caratteristiche più importanti dei tensioattivi comunemente utilizzati in industria per il trattamento dei metalli.
Possiamo sicuramente iniziare a suddividere i tensioattivi in 3 grandi categorie: Anionici, non ionici e cationici. Le differenze di carica ionica ne permette la compatibilità in determinati ambienti di pH, ma questa non è una regola sempre valida. La compatibilità di tutti i tensioattivi in un determinato formulato è imposta da molti fattori, come ad esempio la presenza di sali, di basi o acidi forti, di solventi a differente polarità eccetera. Solitamente i cationici sono ben tollerati in pH acidi o estremi e trovano applicazione ad esempio nei decapanti, dove riescono anche a svolgere una doppia funzione di sgrassaggio e blanda inibizione alla corrosione. Gli anionici possono essere usati in molti ambiti e hanno la caratteristica di essere reattivi contro il particolato presente sui metalli da pulire, sono largamente utilizzati ma hanno un'etichettatura solitamente più sfavorevole rispetto ai cationici. I non ionici rappresentano la maggior parte dei tensioattivi, sono utilizzati per tutti i processi di sgrassaggio e presentano differenti peculiarità fra di loro, ad esempio il grado di etossilazione o propossilazione. Gli etossilati sono ottimi schiumogeni ed emulsionanti di olio ma non sempre possono venir usati in industria, dove la schiuma rappresenta spesso un problema. Vengono quindi accoppiati con dei propossilati che, essendo poco affini all'acqua, tendono a risalire in superficie, soprattutto a caldo, disareando la schiuma.
Il problema della schiuma non va sottovalutato, soprattutto in ambiente alcalino, dove possono creare sottoprodotti o addirittura saponificando con conseguente incremento della schiuma. Quando si verifica quest'ultima situazione diventa complicato tenere sotto controllo il volume di schiuma e gli unici tensioattivi che riescono a disareare anche in questo difficile scenario sono appunto quelli ad alto grado di propossilazione. L'abuso di questo genere di tensioattivi non è però opportuno poiché sia la bagnabilità che la stabilità dei formulati sarebbe compromessa.
Il peso molecolare dei tensioattivi è un'altra caratteristica importante, solitamente in industria non vengono mai usati tensioattivi ad altissimo peso molecolare, come ad esempio nella cosmetica, se non per idrotropare sistemi salini complessi o altri tensioattivi fra di loro. Esistono poi altre tipologie di tensioattivi, che possono avere diverse cariche ioniche, con la funzione però di idrotropi, che consentono di "unire" solventi non solubili con l'acqua, o rendere maggiormente stabili i sistemi salino/ alcalini. Alcuni di questi idrotropi sono i sali quaternari di ammonio modificati o i sali solfonati, come il sodio xilene solfonato o il sodio cumene solfonato.
Un'altra categoria di tensioattivi sono gli anfoteri, ovvero hanno un duplice comportamento, cationico in ambienti acidi e anionico in ambienti alcalini; il loro utilizzo è incentrato in settori più mirati.
Vi sono anche tensioattivi particolari (come i silossani modificati), talmente tecnici da essere definiti veri e propri Additivi, vengono impiegati in settori diversi dalla detergenza, come quelli delle vernici o di coating professionali. La loro funzione non è quella di emulsionare l'olio ma è quella di bagnare il substrato e livellare il rivestimento e nel contempo disareare il prodotto. Questi additivi sono idealmente solubili in sistemi ibridi acqua-solvente.
Nella Tabella sottostante potete visualizzare alcune tipologie di tensioattivi e idrotropi utilizzati comunemente nella detergenza dei metalli.