Fosfatazione amorfa

26.01.2019

La fosfatazione amorfa è uno dei processi di pretrattamento metalli più diffusi al mondo. Si tratta di una tecnologia collaudata da molti decenni, utilizzata per lo più su materiali ferrosi, sebbene possa esser impiegata con qualche accorgimento anche su altri materiali.

Pezzo fosfatato
Pezzo fosfatato

Come funziona

Il processo tradizionale (fosfosgrassaggio) è in grado di garantire sia la pulizia del metallo, sia di formare uno strato di fosfato amorfo bluastro sulla superficie (0,2-1,0 g/m2), tramite reazione chimica tra l'acido fosforico e il ferro: 

  • Dissoluzione del ferro:

Fe + 2H3​PO4​ → Fe2+ + 2H2​PO4− ​+ H2

  • Formazione di fosfato di ferro:

Fe2+ + H2​PO4− ​→ FePO4​ + 2H+

Tale reazione è catalizzata dalla temperatura, dagli attivatori, dalla pressione dello spruzzo e dal grado di acidità. Date tutte queste variabili, la reazione è variabile nel tempo e, se non ben gestita, può sbilanciarsi generando strati di fosfatazione differenti nel tempo. Durante il processo avviene una sostenuta formazione di prodotti di reazione di scarto, denominati fanghi di fosfatazione

La formazione dei fanghi di fosfatazione si può descrivere attraverso una reazione di precipitazione del fosfato di ferro, che si verifica quando la concentrazione degli ioni ferro e fosfato diventa eccessiva. Gli ioni Fe2+ e (PO4)3−​ si combinano formando fosfato di ferro insolubile, che precipita:

3Fe2+ + 2(PO4)3−​ → Fe3​(PO4​)2​↓

Questa reazione di precipitazione è responsabile della formazione dei fanghi, poiché il fosfato di ferro (Fe₃(PO₄)₂) è insolubile e si deposita sul fondo del bagno come residuo solido.

Tali fanghi devono esser filtrati continuamente per evitare saturazione del bagno, intasamenti degli ugelli eccetera. Un bagno di fosfatazione solitamente dura 6 mesi, dopodiché è opportuno cambiarlo onde evitare difetti nel pretrattamento.

Un impianto industriale tipico di fosfatazione è costituito anche solo da 3 stadi: bagno di fosfatazione - risciacquo - risciacquo. La temperatura idonea per una corretta fosfatazione è di 45-55°C e la durata dello spruzzo generalmente è tra i 2 e i 3 minuti, a seconda della concentrazione acida. La percentuale indicativa di fosfatante è tra lo 0,8% e l'1,5% con un pH variabile tra 4,5 e 5,8.

L'azione pulente di un fosfosgrassaggio è possibile grazie all'ausilio di miscele di tensioattivi che possono essere forniti sia come prodotto a parte, sia assieme al fosfatante (monocomponente). Il vantaggio del bicomponente è che si può aggiungere additivo tensioattivo in base alla quantità di sporcizia e olio da rimuovere, per contro un monocomponente è più comodo ed economico da utilizzare. Per quanto riguarda la ruggine e le ossidazioni sui pezzi, l'acido fosforico è in grado di aggredirle e rimuoverle (fino ad una certa quantità e fino a che non avvenga la conversione in fosfati).

La presenza di tensioattivi può causare, come in molti altri processi, problemi di schiuma eccessiva, per questo non bisogna abusare con la quantità e agire in maniera corretta sui tempi di sgocciolamento per evitare di riscontrare schiuma anche nei risciacqui. Questa problematica è comunque generalmente meno preoccupante nei processi acidi rispetto ai processi alcalini.

I fosfosgrassanti possono essere impiegati anche per applicazioni manuali a lancia, questo si rende talvolta utile qualora non si disponga di tunnel di lavaggio o nel caso si debba operare su pezzi complessi, grossi o che non richiedano particolari cure. La percentuale di acido da utilizzare sarà inferiore poiché l'alta pressione catalizzerà già di per sé la reazione di fosfatazione, in caso contrario si otterrebbero veloci riossidazioni sui pezzi.

Efficacia

La fosfatazione amorfa non è in grado di offrire notevoli performance di tenute alla corrosione (massimo 250 ore in nebbia salina), tuttavia rappresenta un buon compromesso qualità/prezzo. Il fosfato permette inoltre di stoccare o trasportare i pezzi prima che vengano verniciati, evitando che riossidino. Tramite l'ausilio di passivanti specifici dopo i risciacqui è possibile aumentare lievemente la resistenza alla corrosione.

Non ha nulla a che vedere, in termini di resistenza alla corrosione, con la fosfatazione tricationica e nanotecnologia post detergenza.

Esempi formulativi

Un fosfatante è sempre composto da acido fosforico tamponato, questo per creare una soluzione con un pH non troppo spinto e stabile nel tempo. Il sale coniugato è il monofosfato di sodio, ma si può usare anche piccole percentuali di soda per alzare ulteriormente il pH, senza ovviamente compromettere l'acidità. Sono indispensabili nei fosfatanti dei catalizzatori di reazione, come il sodio molibdato, senza il quale la fosfatazione sarebbe di molto pregiudicata. A completare la formula vi possono essere acidi secondari per affinare il cristallo del fosfato, e dei sequestranti per ridurre la formazione di fanghi. Nel caso di fosfatanti monocomponenti sono indispensabili dei tensioattivi specifici. Data l'acidità e la presenza di sali la compatibilità di molti tensioattivi comuni può essere pregiudicata e occorre veicolarli con sali quaternari di ammonio o tensioattivi cationici. Una piccola percentuale di tensioattivo parzialmente propossilato è sempre consigliabile per il controllo della schiuma.

L'aggiunta di inibitori di corrosione non è consigliata poiché possono interagire negativamente con la fosfatazione.

Fosfatante (base senza tensioattivi):

  • Acqua demineralizzata: 45-55%
  • Acido fosforico (75%): 20-30%
  • Sodio MonoFosfato: 6-10%
  • Sodio Molibdato: 0,5-0,8%
  • Sequestrante: 1-2%
  • Soda (30%): 5-10%

Considerazioni

I punti deboli dei fosfatanti, soprattutto in tempi attuali, risiedono nella notevole energia richiesta per riscaldare la vasca di trattamento (con abbondante evaporazione della parte acquosa), nel ciclico smaltimento dei bagni esausti con interconnesse la pulizia degli impianti e nelle routinarie analisi chimiche da svolgere.

Queste sono le principali motivazioni per le quali molte aziende stanno spostando le loro attenzioni su differenti tecnologie, come quelle a film sottile:

Basterebbero però degli accorgimenti per aggiornare l'intero processo di fosfosgrassaggio, rendendolo attuale ancora dopo tanti anni di operatività nel settore:

  • Concentrando e bilanciando la formula del fosfatante, si può condurre il processo anche a temperatura ambiente o al massimo a 30°C. In questo modo si minimizza il consumo dei bruciatori e l'evaporazione.
  • Lo sviluppo dei fanghi è contenibile tramite un corretto uso di sequestranti.
  • Lo smaltimento dei bagni esausti è sicuramente un costo fisso da gestire, tuttavia, se venisse implementato un semplice trattamento delle acque in situ (come un impianto a batch), si potrebbe scindere l'acqua purificata dai fanghi e smaltirli separatamente, riducendo enormemente i costi.
  • I prodotti acidi di pulizia degli impianti sono rimpiazzabili talvolta con acidi organici o sequestranti, non nocivi e/o pericolosi, facilmente neutralizzabili e gestibili per lo smaltimento.
  • I controlli repentini dei bagni di fosfatazione e delle acque di risciacquo possono essere eseguiti in totale autonomia e accuratezza se si predisponessero strumenti analitici automatizzati sull'impianto.
  • Un buon prodotto fosfatante, anche aggiornato con gli accorgimenti riportati, costa comunque enormemente meno rispetto un prodotto base glicole o rispetto un sistema di detergenza annesso alla nanotecnologia.